La Commissione Europea (CE) ha rilasciato a rapporto che pone le basi di un nuovo spazio di dati digitali per il settore dei beni culturali. È ben studiato e molto ambizioso. Il rapporto getta le basi per una rivoluzione nei progetti relativi al patrimonio digitale, ma presenta anche un lungo elenco di preoccupazioni.
“Il Cloud è innanzitutto una piattaforma per i professionisti dei Beni Culturali”, si legge nel rapporto. "Dovrebbe supportare i professionisti nella condivisione dei dati, dovrebbe fornire strumenti digitali che consentano loro di lavorare in modo cooperativo per facilitare l'analisi e il processo di scoperta e dovrebbe consentire di tenere traccia del processo di scoperta".
In altre parole, le persone che lavorano nel settore del patrimonio userebbero questo spazio di dati e le sue possibilità per lavorare e ricercare il patrimonio culturale insieme ad altri. Non sarebbe solo un database, ma una piattaforma attiva, simile alla suite Microsoft Office 365, ma con l'aspetto collaborativo europeo di Europeana. Strumenti, database e comunicazione sarebbero tutti gestiti in un unico, vasto spazio di dati, pronto per essere utilizzato da chiunque lavori sul patrimonio europeo.
Immettere lo spazio dati
La portata della proposta Cloud è difficile da comprendere: semplicemente non è stata fatta prima per il patrimonio culturale. Il rapporto elenca molti altri progetti simili per l'ispirazione e il confronto, ma il messaggio chiave è che altre banche dati e piattaforme digitali simili sul patrimonio culturale mancano in alcune aree o in un'altra.
Ciò che suggerisce il rapporto è che questo Cloud:
- Avere hardware per l'informatica e i calcoli
- Sii collaborativo
- Disporre di archiviazione a lungo termine per i dati
- Consenti l'accesso a quei dati
- Abilita l'interazione con quei dati
In breve, per le persone che lavorano nel patrimonio in tutta Europa, il cloud collaborativo sarebbe lo spazio principale per qualsiasi sforzo digitale. Sarebbe uno spazio di lavoro digitale in cui ricercatori e professionisti lavoreranno senza soluzione di continuità. Le persone non solo sarebbero in grado di caricare e archiviare dati sul cloud collaborativo, ma potrebbero anche elaborarli.
Attualmente, il rapporto suggerisce che il cloud verrà eseguito con il "Software as a Service model (SaaH). Tecnicamente, ciò significa che un provider eseguirà l'infrastruttura su server cloud e gli utenti pagheranno per l'accesso. Ciò è in contrasto con altri modelli software che richiedono livelli più elevati di abilità tecnica con cui interagire. Si prevede che un utente laico (ad esempio un dipendente del museo) possa accedere e utilizzare il Cloud con un semplice browser web e una formazione minima.
Usi proposti
Si propone che lo spazio dati disponga di alcuni strumenti concreti per navigare e utilizzare i dati memorizzati. Invece di cercare solo dati grezzi, i professionisti devono avere accesso a strumenti digitali per fare davvero qualcosa con esso. Il rapporto mostra un intero elenco di cose necessarie per iniziare a lavorare con i dati e alcuni scopi interessanti per i quali possono essere utilizzati.
Innanzitutto, per accedere e interpretare i dati, è necessaria un'infrastruttura accessibile per aggiungere, navigare e creare metadati. I metadati arricchiti potrebbero quindi essere condivisi anche con altri database. Altre idee per cui i dati potrebbero essere utilizzati secondo il rapporto sono la creazione di nuovi approcci per la digitalizzazione 2D/3D, metodi basati sull'intelligenza artificiale per l'analisi e la ricerca automatiche dei dati e strumenti per musei e siti del patrimonio, le loro mostre e la clonazione digitale.
Il tema centrale è rendere più facile il lavoro digitale per il settore incoraggiando al contempo le collaborazioni. Si tratta di un'idea interessante e ambiziosa, ma è difficile vedere come possa mai prendere forma un progetto del genere.
Molte incertezze
Poiché è solo il primo passo verso un possibile progetto futuro, il concetto è allettante. Immagina che tutti i tipi di siti del patrimonio, professionisti e musei abbiano accesso incondizionato per aggiungere e creare all'interno del cloud collaborativo. Tuttavia, ci sono molti dubbi e incertezze.
Chi paga la manutenzione e l'ampliamento del Cloud Collaborativo Europeo per i Beni Culturali?
Il rapporto stesso afferma giustamente se un progetto così grande diventerà realtà, chi sarà responsabile della creazione di una politica e di un modello organizzativo. O forse ancora più importante, quale dovrebbe essere il modello di business: “chi paga la manutenzione e gli ampliamenti del Cloud Collaborativo Europeo per i Beni Culturali?”
Anche i problemi tecnici sono una preoccupazione schiacciante, come rilevato dal rapporto. I metadati sono una preoccupazione costante per i database nel campo del patrimonio. La sicurezza dei dati dovrebbe essere continua e gestita con attenzione, soprattutto se la piattaforma è open source come suggerisce il rapporto. A livello molto tecnico, è difficile trasferire dati complessi (come rappresentazioni digitali 3D di oggetti del patrimonio) in un modo che non perda fedeltà o non sia altamente inefficiente.
Ci sono soluzioni suggerite, come l'utilizzo dell'apprendimento automatico e dell'intelligenza artificiale per gestire automaticamente i metadati in più lingue, ma è chiaro che questi sono ancora i primi giorni per un progetto così ambizioso. Il rapporto fornisce una sottile indicazione che le soluzioni per questi problemi esisteranno in futuro con l'avanzare dell'infrastruttura digitale, ma è chiaro che c'è ancora molta strada da fare.
Sebbene sia positivo vedere che il rapporto fa un chiaro bilancio dei bisogni e delle preoccupazioni della comunità del patrimonio, è difficile vedere come procederà il progetto quando ci sono già così tanti potenziali problemi.
Nessuna strada libera
Il compito principale di questo rapporto è stato quello di gettare le basi per i progetti imminenti, e ci riesce. Il rapporto stesso è un buon riassunto di tutte le intersezioni tra digitale e patrimonio e ricorda che ci sono già molti strumenti digitali e database disponibili per i professionisti del patrimonio. Tuttavia, c'è molto lavoro da fare prima che il cloud collaborativo diventi qualcosa di utile e tangibile, anche se c'è del potenziale da scoprire.
Per ora, però, la Nuvola rimane avvolta nella nebbia. Speriamo che non si dissolva nel nulla.
La relazione è consultabile integralmente all'indirizzo Ufficio delle pubblicazioni dell'UE.